La democrazia militarizzata by Sergio Romano

La democrazia militarizzata by Sergio Romano

autore:Sergio Romano [Romano, Sergio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: ebook
editore: Longanesi
pubblicato: 2023-03-13T23:00:00+00:00


I FASCISMI

Quando il giornalista tedesco Ludwig gli chiese se il fascismo potesse essere esportato in Germania, Mussolini rispose: «In nessun paese, esso è un prodotto italiano. Ma alcune delle sue concezioni potrebbero andar bene per la Germania: l’organizzazione dei mestieri in gruppi di lavoro in rapporto con lo Stato. Il sistema corporativo è là, già preparato attraverso le grandi organizzazioni, e significherebbe soltanto un passo avanti per il controllo del capitale e del lavoro».

Fu una risposta prudente. Se avesse parlato del fascismo come del modello da imitare, avrebbe ferito Hitler. Ma sulla differenza tra fascismo e nazismo Mussolini ebbe per qualche anno, come sappiamo, opinioni che erano implicitamente critiche del nazismo e sospettose delle reali intenzioni del Führer. Alla fine di un suo libro lo storico francese Pierre Milza scrive che nell’ultima fase della Repubblica sociale Mussolini, scrivendo a Filippo Anfuso (il suo principale collaboratore per gli Affari Esteri e futuro sotto-segretario di Stato nel marzo del 1945), non nascose le proprie inquietudini «dinanzi alle iniziative prese nel Veneto e in Alto Adige dalle autorità civili e dai capi dell’esercito tedesco di occupazione». L’atteggiamento adottato dalle autorità, scriveva con una frase piuttosto involuta, «non mi permette di dubitare che perseguano un disegno destinato non soltanto a distruggere quanto il fascismo ha fatto per saldare quelle regioni al resto del Paese, ma anche per estirpare qualsiasi influenza vi eserciti l’Italia. Il loro scopo è quello di una amministrazione di tipo asburgico nel momento in cui gli affari del Reich vanno male. Psicologicamente la questione è molto più grande di quanto non appaia forse a un Paese che ha occupato tanti altri territori».

Nella parola «psicologicamente» si nascondeva probabilmente il disappunto con cui Mussolini assisteva alla politica del Reich in una regione che l’Italia aveva conquistato dopo la Grande guerra. Per risolvere il problema dei rapporti fra Italia e Germania le autorità italiane avevano infine deciso di permettere ai cittadini di lingua tedesca in alcune città dell’Italia settentrionale (Bolzano, Trento, Belluno e Udine) di fare con un referendum una scelta di nazionalità. I cittadini che andarono alle urne furono 167.265, ma furono 85.365 quelli che votarono per la Germania, e 81.900 quelli che scelsero l’Italia. Il referendum durò sino al 31 dicembre 1939 e la guerra ebbe l’effetto di ritardare il previsto movimento della popolazione da un Paese all’altro. Ma dopo la guerra un terzo di quelli che avevano votato per la Germania decise di restare in Italia. (Chi scrive queste pagine fu vice-console a Innsbruck in Austria nel 1955 e ricorda l’archivio del Consolato generale italiano, pieno sino al soffitto di fascicoli in cui erano custodite le contro- opzioni di quanti avevano deciso di lasciare l’Italia e stavano ritirando la loro richiesta.)



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